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fabio angeli: voce, chitarre
massimiliano grasso: piano rhodes, pianoforte, wurlitzer, fisarmonica, armonium, elettronica, voce
giovanni bianchini: batteria
michele vannucchi: basso, chitarra
lorenzo del grande: flauti, clarone, vibrafono, glockenspiel, diamonica, synth, campionamenti

Prodotto da Fabio Magistrali e esterina
Registrato da Fabio Magistrali presso l’Agriturismo Nicobio di Gello di Sopra, Camaiore (Lucca)
Missato da Fabio Magistrali presso Indastria Studio di Avane (Pisa)
Masterizzato da Maurizio Giannotti presso Newmastering Studio (Milano)
Artwork: Joe Badile

La tua voce

Hai saputo e lo sai
prender tutto il freddo dai sassi,
hai saputo e lo sei
stringere tra i denti la brace.
Hai voluto e lo puoi
strangolare a ghiande i maiali,
hai saputo e le sai
libere le mani.

Chiedilo al legno della barca,
alla sua voce fessa di tempesta che si stanca.
Chiedilo alla vita di una mosca,
volata un giorno tra la tua bocca e il mare
e il sole e i pini dietro a respirare.

Hai saputo e lo sai
prender tutto il freddo dai sassi,
hai saputo e lo sei
stringere tra i denti la brace.
Hai voluto e lo vuoi
strangolare a ghiande i maiali,
hai saputo e le sai
libere le mani.

Diavoli convocati dietro a una finestra
grattano ragioni e rogna,
dicono: “sei tu”.
Uomini consegnati alla paura
dicono di un’evidenza
che comunque non si può più.
Sciabole,
madri per delazione
serbano a viltà pazienza,
vogliono per sé di più.
Diavoli convocati dietro a una finestra
dicono di un’evidenza,
vogliono per sé di più.

Ma hai saputo e lo sai
prender tutto il freddo dai sassi,
hai saputo e lo sei
stringere tra i denti la brace.
Hai saputo e lo puoi
regalare ghiande ai maiali,
hai saputo e la sai
libera la voce.

La teoria del veleno

Non ho capito
cos’è che intendi te
quando ti vedo che così ti piace.

Non ho intuito
mi è bastato che
a spiegarti fosse la tua convinzione.

Trovarti in fondo
a una stazione che
ti tiene in mano per la tua porzione

di risalita
che fai per te
come la trota
sul salmone.

Falla finita
di essere sintomo
di tutti quelli
che ti chiedono.

La loro vita
pensata un’isola
e te guardiano
di un atollo.

Porta il veleno
al tuo giardino,
niente più fiori al tuo vicino.

Brucia il veleno
nel tuo deserto,
niente più fiori a cielo aperto.

Come il diserbo nell’aiuola
brucia l’erbaccia, brucia il fiore,
così t’importa veramente
fare il deserto e che sia sempre.
Come una vanga per un cuore
fa scannafosso allo stupore.

Un amore eterno

La porti in seno
come una serpe,
ti ingolla come
la mela il verme.

Della miseria
ti fa rivista,
ti raspa addosso
la residenza.

Hai per dio ragione
datti al cane,
di sicuro, loro no.

Hai per dio ragione
datti al cane,
di sicuro, loro no.

Ti brucia in faccia
come le stoppie,
la ragione
miete, non semina.

Taglia le gole,
taglia la corda,
amare eterno,
amare inerte.

Hai per dio ragione,
datti al cane,
di sicuro, loro no.

Hai per dio ragione,
datti al cane,
di sicuro, loro no.

Era un giorno che coglieva
foglie, lana e un cuor di lupo.
È di un tempo che diceva
perdi tutto per un soffio.

Ma hai per dio ragione,
datti al cane,
di sicuro, loro no.

Hai per dio ragione,
datti al cane,
di sicuro, loro no.

La casa

E quanti hanno saputo
divergere dai segni
e in quanti hanno creduto
limitare danni.

E in quanti hanno voluto
attraversare i corpi,
prendere a brandelli,
farsene padroni,
non calcolare danni,
farsene padroni,
non calcolare danni,
farsene padroni,
non calcolare danni.

Stai con me,
le mani aperte,
fammi che
mi rida e sempre
dimmi che
il corpo è grande,
dentro il cuore
ci si perde.

E quanti hanno saputo
divergere dai segni
e in quanti hanno creduto
limitare danni.

E in quanti hanno voluto
attraversare i corpi,
prendere a brandelli,
farsene padroni,
non calcolare danni,
farsene padroni,
non calcolare danni,
farsene padroni,
non calcolare danni.

Stai con me,
le mani aperte,
fammi che
mi rida e sempre
dimmi che
il corpo è grande,
senza cuore
ci si perde.

Oceano

Che bella mattina.
Apro gli occhi e sei qui accanto,
per distrarmi penso:
“magari bruciano il salotto”.

Che bella mattina.
Non com’eri ieri sera,
ora odori di verbena,
sei gentile come una sirena.

Tu
sei un animale
nato per non capire.

Chi è che mi diceva:
“che bell’uomo che hai accanto!”
forse era la stessa
che voleva la mia testa un giorno.

Pensa che famiglia
avreste fatto
l’un per l’altra,
glielo avresti chiesto
tutto questo che non chiami „possesso’?

Tu
sei un animale
nato per fare male.

Come un oceano che può
perdersi in un attimo
nel tubo buio
di un lavandino.

Come un oceano che sa
regolarsi in un attico
votare orche
al pediluvio.

Io non ho capito
fino a dove ti sei perso,
quando l’hai tradito
l’essere umano che avevi in corpo.

Come sei riuscito
ad essere così mediocre
da sentirti vivo
a diventare un uomo uguale.

Tu
sei un animale
nato per farmi male.

Come un oceano che può
asciugarsi in un attimo
nel buco buio
di un lavandino.

Come un oceano che sa
affittarsi ad un panfilo
spacciare orche
al pediluvio.

12 agosto

Sali al monte la mattina
la paura muta e canta.
Poca acqua, poche bestie,
ti aspetto e il ventre mio risorge.

Sale, fieno e coraggio
sulla pelle il mare a maggio.
Forca, fera e tre cenci,
ti sposo mentre mi racconti.

Come quando mi prendevi
con le mani diventavi
la pineta e il cane a morsi,
tieni la mia vita ai fianchi,
tieni la mia vita ai fianchi.

Fiati corti e vicini,
ciclopi gli occhi dei randagi.
La storia fanno gli assassini,
mi saluti come quando arrivi.

Come quando mi dicevi
il mio nome cento volte.
Più mi amavi, più tacevi,
tieni la mia vita ai polsi,
lasci la mia vita ai polsi.

Dicono che ormai il paese
in piazza brucia, il sangue crepa.
Sulla soglia di ogni giorno
anche quel giorno venne notte.

Dicono che sei al monte respirare mai,
preso alle spalle,
morto è chi nessuno aspetta mai e più

Come quando ti dicevo
il tuo odore cento volte,
io t’amavo e te piangevi
ché la vita è regalarsi,
ché la vita è aspettarti.

Il vuoto intorno

Che fame che viene
se piove o c’è il sole,
che fango, che miele
se il campo lo vuole.

Era notte.

Che freddo che viene
la sera, enorme.
Un vespro deserto
chi muore, chi morde.

Era notte.

Non ho visto nessuno
in bocca una parola buona,
in gola un silenzio duro.

La ghigna li piega,
la loro famiglia.
Indice la dote,
scotenna la figlia.

Che belli gli amici,
li stringe un coltrone.
Amore che viene
lo punta il plotone.

Non ho visto nessuno
in bocca una parola nuova,
in faccia, lo stesso culo.

Io ricordo di noi
per sempre
il vuoto intorno.

Ricorda, se puoi,
di noi per sempre
il vuoto intorno.

L'attesa

Tesse ancora,
tesse sola,
misurare
un giorno ancora.

Scende madre,
miete padre,
prosciugare
la mia storia.

Di mi’ madre
porto ossa,
di mi’ padre
le ginocchia.
Dei miei figli
so il dolore,
di ogni uomo
il loro avere.

Mi rapina
cavare un senso,
mi divora
e non basta ancora.

Mi dimora
stare attesa,
dissanguare
mi riposa.

Tienilo per me,
tienilo con te,
muoio di quello che non è più.
Tienilo con te,
tienilo per me,
muoio di quello che non so più.
Tienilo con te,
tienilo perché
vivo di quello che non è più.
Tienilo con te,
tienilo perché
vivo di quello che non è più.

Tesse ancora,
tesse madre,
misurare
la mia storia.

Non ni basta,
non ni basta,
al mi’ demone il mi’ nome non ni basta.
C’è una conquista,
c’è una conquista,
vole che il mi’ nome resti dentro una catasta

Non ni basta,
non ni basta,
al mi’ demone il mi’ corpo non ni basta.
C’è una conquista,
c’è una conquista,
vole che il mi’ nome resti dentro una catasta

Tienilo con te,
tienilo per me,
vado sola
ancora e ancora.

Tienilo per me,
tienilo con te,
vado sola
ancora e ancora.

Tienilo con me,
tienilo perché
vado sola
ancora e ancora.

Tienilo con te,
tienilo per me,
vado sola
ancora e ancora

Both of us

T’ha chiesto il sangue un’altra volta,
si serve e chiede se ti piace.
Il suo coltello e la tua torta
per ogni fetta regalata.

Il fiato ingrossa e lo rimbomba,
la stanza è vuota e il ciclamino sulla soglia
tiene le foglie, ma lo sa che poi è finito
quando la bocca s’è spaccata.

Il fiato ingrossa e lo rimbomba,
la stanza è vuota e il ciclamino sulla soglia
tiene le foglie, ma lo sa che poi è finito
quando la bocca s’è spaccata.

Sai che ciascuna guerra
vive in un punto della sua lingua.
Sai che per ogni violenza
c’è una vacanza, disimpegnata partenza.
Sei il punto minuto,
transumato
taciuto.

Salutarti

Ora che non basta
l’aria nella bocca,
ora che mi guardi
e non trovi gli occhi.

Ora che ti lascio
come approdo lo sgomento,
nelle mani il freddo.

Ora che non basta
esser gente onesta,
ora che le capre
brucan la coperta

Ora che nel bosco
canta una pistola,
ora che la voce
saluta la sua gola.

Ora che non serve
la chiave di casa,
ora che si sperde
la mano tra i capelli.

Ora che aspettarti
è quello che resta,
ora che spogliarti
è quello che non torna.

Ora che non torna.
Ora che non torna.
Ora che non torna.
Ora che non torna.

Come Satura

©℗ Le Arti Malandrine | Distribuzione Goodfellas
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